Buondì spiritello,
Da quando ho iniziato a raccontare la mia attività online ho spesso ricevuto domande su come trovare lavoro in Editoria, specie nelle ultime settimane. Penso sempre che rispondere non sia semplice, perché un percorso unico non esiste, e l’unica cosa che potrei fare è condividere la mia esperienza. Ma un tempo anch’io ero alla ricerca di figure da cui prendere spunto, dunque eccoci qui.
Nella lettera di oggi ti racconto la mia storia professionale dall’inizio alla fine, senza omissioni, false modestie né toni eroici. Cerchiamo di tirarne le somme insieme.
Premessa
Ci tengo a dirlo, prima di iniziare: un ruolo importante nel mio percorso lo ha avuto la fortuna. Non penso che sarebbe onesto fingere che basti impegnarsi tanto per riuscire automaticamente a sfondare la barriera d’ingresso di un mondo che è di per sé molto chiuso. Non è stato così per me. I miei primi passi non sono stati facili, sono stati anzi molto faticosi. Ma a un certo punto è arrivata un’opportunità, e io l’ho colta.
Le opportunità non le puoi sempre controllare, ma vanno sicuramente sapute sfruttare. La fortuna non serve a nulla se di base non si è prontə a coglierla. Quindi, niente metodi magici né arcani misteri, solo fatti.
Un inizio fallimentare
Tutto è iniziato nel 2017, quando non avevo idea di cosa fare da grande. All’epoca non sapevo nulla di editoria, a malapena mi ero resa conto che i libri che leggevo avevano 2/3 loghi ricorrenti in copertina, ma senza davvero focalizzare il concetto di marchio editoriale, con tutto ciò che comporta. Partivo da zero.
Mi sono messa su Google e ho cercato “corsi per lavorare con i libri”.
Tra i primi risultati mi è apparso il master di Milano e quello della mia facoltà a Roma, dove all’epoca stavo concludendo la triennale in Filosofia. Troppo costosi entrambi. Poi mi sono imbattuta in un corso breve, economico, in partenza dopo due mesi. Si chiamava Lavorare in editoria e lo teneva lo staff di una piccola casa editrice indipendente romana, Giulio Perrone Editore. Te la nomino perché da lì tutto è iniziato, e poi ricominciato, e gliene sarò sempre grata.


la redazione + il mio scaffale preferito
A primavera ho frequentato le lezioni, tenute nei weekend, mentre durante la settimana studiavo e lavoravo. Al termine del corso ho svolto un tirocinio in redazione – motivo per cui avevo scelto proprio quel corso e non uno solamente teorico. Volevo imparare, ma volevo soprattutto fare. Il mio turno è arrivato a novembre. Il periodo di formazione sarebbe durato un mese, ma visto che un paio di settimane dopo ci sarebbe stata Più Libri Più Liberi, l’editore mi ha chiesto se non volessi allungarmi e accompagnarlo in fiera. Ovviamente ho accettato.
Nell’intermezzo fra il corso e il tirocinio mi sono specializzata anche nella correzione di bozze e nella comunicazione digitale. Ma non ti sto a elencare tutta la formazione che ho seguito nel tempo, perché non finiremmo più. Se vuoi, qualcosa la trovi qui.
Prime esperienze
Dopo meno di un anno mi sono laureata e iscritta alla magistrale di Editoria, che non ho mai finito. Nel frattempo avevo iniziato a parlare di promozione editoriale sul mio profilo Instagram, su cui prima condividevo le mie letture, e a collaborare con un’editor freelance che cercava un’assistente. Questa prima esperienza non compare nel mio CV, perché l’editor chiese riservatezza, ma è stato il mio primo banco di prova.
Ho collaborato anche con una realtà di crowdpublishing come correttrice di bozze e impaginatrice, e pian piano mi sono arrivate le prime richieste da parte di autori e autrici indipendenti e da qualche editore medio-piccolo. Quindi, come vedi, non ho iniziato subito come editor. Il primo step è stata la redazione.
Lavoravo abbastanza, ma non mi mantenevo. Le CE con cui collaboravo pagavano pochi centesimi a cartella e mi riempivano di commissioni, così ero incastrata nel limbo del “rifiuto per mettermi a cercare altro o mi accontento per paura di non trovare niente?”. La scarsità è sempre cattiva consigliera.
La resa
A un certo punto mi sono convinta che l’editoria non fosse la strada giusta per me. I clienti sembravano soddisfatti e mi piaceva quello che facevo, ma non riuscivo a renderlo un lavoro stabile. Capivo che c’era bisogno di qualcos’altro, c’era bisogno di qualcuno che mi aiutasse a fare il salto per accedere a opportunità migliori, ma non sapevo chi e non sapevo come conoscerlo. Sono partita senza contatti, e questo – bando alle ipocrisie – è spesso un problema in questo settore.
Per cui ho mollato.
Nel 2021 ho frequentato un Master chiedendo aiuto ai miei e un prestito in banca. Non di editoria libraria, ormai non ci credevo più. Il mio obiettivo erano i podcast, che all’epoca sembrava avrebbero sfondato. Invece mi sono ritrovata a fare uno stage come social media manager in DeAgostini Digital. 🤡
Non mi dilungo sulle scuole che millantano di aprirti le porte che vuoi, a caro prezzo, e poi ti trattano come un numero da collocare dove gli fa comodo, a prescindere dai tuoi obiettivi. Fatto sta che mentre passavo le giornate su Instagram, Facebook e Canva con il morale a terra, a un certo punto mi arriva una richiesta di collegamento su LinkedIn. Era la direttrice editoriale di Newton Compton.
Noterai che faccio spesso il nome delle realtà con cui mi trovo o mi sono trovata a lavorare in passato. Reputo snervante quando nei racconti altrui (e spesso anche nelle pagine About) si indicano vagamente “una lunga esperienza nel settore, molti clienti importanti” e poi non si riesce a trovare traccia da nessuna parte di queste collaborazioni.
La seconda volta che ci ho provato
Quest’ultima parte la faccio breve, perché te ne ho già parlato abbondantemente qui e qui. Il colpo di fortuna è stato quello. E il messaggio seguito subito dopo: “Stiamo cercando un editor junior, ho visto il tuo curriculum e vorrei incontrarti di persona.”
Potrai immaginare la mia reazione. Ho pensato che non fosse reale. Non poteva essere reale, dopo aver gettato la spugna, aver ricominciato da capo in tutt’altra direzione, dopo averci provato per 3 anni senza risultati. Poco dopo quel messaggio me ne è arrivato un altro, dal commerciale di Giulio Perrone Editore, con cui ero rimasta in buoni rapporti. Era stato contattato dalla direttrice in questione per avere informazioni su di me. A quanto pare quelle informazioni sono piaciute.
Tutto questo io non l’ho controllato. E non potrei replicarlo a tavolino. Per questo parlo di fortuna.
Non voglio sembrarti falsamente modesta. So che meritavo una chance, credevo nelle mie capacità. Ma il punto è che di editor in erba bravə, che si sbattono, sottopagatə, per fare la gavetta ne ho incontratə a bizzeffe. E non sempre riescono a farsi strada. Per cui chiedermi come fare per entrare in editoria è come chiedermi una ricetta che, se anche esistesse, io non ho mai trovato. L’opportunità ha trovato me.
Detto questo, ciò che è seguito da quel messaggio in poi me lo sono guadagnato con i denti. L’esperienza in Newton, le collaborazioni con Sperling, PNLA e ora Feltrinelli le ho ottenute portando sul piatto quello che sapevo fare concretamente. E dal 2022 anche un nome in CV, che sicuramente ha abbattuto l’indifferenza di moltə.
La morale della favola, se vogliamo trovarla, è questa: la competenza è condizione necessaria, ma non sempre sufficiente, a farcela. So che suona poco confortante, ma non voglio mentirti.
Necessaria significa che se tu riesci a trovare uno spiraglio, come l’ho trovato io, oppure frequenti un master che ti spiana da subito la strada, poi devi dimostrare in tutti i modi di valere. Devi dimostrare di saper fare quello che ti chiedono, e saperlo fare al di sopra delle loro aspettative. Perché unə altrə che ti sostituisca lə trovano in meno di un secondo. E allora non è che finisci senza lavoro, qualcosa la trovi, ma è molto probabile che tu cada nel calderone degli schiavi in cui ho bollito io per anni.
Conclusioni
Ricapitolando, e stando alla mia personale esperienza: non serve un titolo di studio specifico in Editoria per trovare lavoro. Non serve frequentare un master. Se fai come me (auguri), l’unica cosa che ti serve è tanta, tanta gavetta partendo dal basso: da una realtà anche piccola disposta a farti fare un po’ di pratica.
Poi serve costruire la tua credibilità. Io sono partita con Instagram, ora non lo uso più e la svolta nella mia carriera non me l’ha certo data quella piattaforma. Il personal brand che funziona davvero col senno di poi è quello offline. Fatti conoscere dal vivo, partecipando a eventi, fiere, workshop e iniziative culturali. Questo mi ha permesso di stringere tante nuove collaborazioni, quando sono tornata freelance nel 2023.
Purtroppo ad oggi la maggior parte della gente che lavora in editoria è autonoma. In pochə vengono fisicamente inseritə dentro le case editrici a lungo termine (per lo meno nelle mansioni redazionali e editoriali). E questo può essere un bene o una catastrofe, a seconda di come riesci a gestirla. Il mio modo l’ho raccontato qui.
Spero che questo racconto abbia risposto ad alcune delle tue domande, se te le stavi facendo, o ti abbia aiutatə a conoscermi meglio nel caso in cui tu sia qui da poco.
Prima di lasciarti ho una sorpresa: oggi è il mio compleanno, e per festeggiarlo regalo il 20% di sconto sul mio servizio di Valutazione, valido fino al 10 maggio. 🎁
Se stavi pensando di contattarmi nei prossimi mesi, approfittane!
Un abbraccio,
Valentina
Grazie per questo post sincero, sono cose che sento dire un po' ovunque: culo e contatti. Sconfortante, sì, perché di fortuna non ne ho mai avuta, ma pazienza. Vedremo cosa toccherà a me. In bocca al lupo a te per tutto, intanto!